C’è giustizia, alla fine. Prima o poi c’è per tutti una giustizia compensatrice. Per mio cognato Filippo Simeoni, 37 anni agli sgoccioli di una sofferta e sudata carriera professionistica (dieci vittorie in carriera fra cui spiccano due stupende tappe alla Vuelta), è arrivata in un tardo pomeriggio di giugno. Pippo indossa le vesti di una maglia tricolore dei professionisti che lo ripaga di tutte le sofferenze e di tutti i sacrifici di questi anni. Una vittoria che sognava fin da bambino, da quando aveva nove anni e pensava di fare qualcosa di importante nel ciclismo, anche se poi si è dovuto ridimensionare. Una vittoria che ha meritato.
Filippo ha vinto con la forza dell’intelligenza e del carattere, lo stesso che in anni non lontanissimi lo portò a fronteggiare un certo Lance Armstrong, il padrone di sette Tour. Fu proprio il texano, negli anni d’oro dei suoi grandi successi, a marcarlo ferocemente in quella ormai famosa diciottesima tappa del Tour 2004.
Lui, Pippo, si era infilato in una fuga con altri compagni fuori classifica; Armstrong si mosse di persona per marcarlo. Lui, il grande americano plurivincitore della “grande boucle” (quello sarà il suo sesto Tour), che si mette a tu per tu con un piccolo gregario in cerca della vittoria storica. Lo obbligò a rinunciare. La sola presenza della maglia gialla spingeva il plotone ad inseguire ed annullare la fuga.
Simeoni, per non compromettere gli sforzi dei compagni si lasciò scivolare indietro. Sono fra le poche cose che nel ciclismo fanno indignare. Nell’ultima frazione di quel Tour Filippo dovette subire anche il gesto delle corna fatto da Ekimov, compagno di Armstrong, mandato dal capitano a marcare ferocemente ogni iniziativa del Setino. L’americano, successivamente – a quanto raccontò lo stesso Simeoni – lo minacciò: “Sono ricco, ho tempo e denaro, ti distruggo, ti faccio smettere di correre”. Subì anche gli attacchi di un certo Mario Cipollini, suo capitano di squadra e amico fraterno dell’americano che, facendo pressioni sul direttore sportivo lo fece escludere dalla rosa dei partecipanti alla Tirreno Adriatica 2004 quando venne a sapere che una tappa attraversava Sezze paese di residenza di Filippo e che per l’occasione insieme al cognato aveva sponsorizzato il Gran Premio Della Montagna.
Ma ormai è storia vecchia il “cow boy” di Dallas ha smesso di correre ed il toscano è sparito dalla circolazione per Pippo, adesso, c’è questa bellissima maglia tricolore Che dedica a tutte le persone che gli sono state vicino nei momenti difficili; moglie, figli, amici; tutti quelli che lo hanno sostenuto in questi anni difficili.
Una vita in salita quella del “sezzese”, il cui ultimo successo risale al 2005 nella 2a tappa del Giro della Cina, non avendo corso in pratica per due anni prima per una brutta caduta e poi per una brutta avventura con una squadra che fu squalificata.
Ora, francamente, vederlo sul podio tricolore non può che allargare il cuore di chi per anni ha sofferto e combattuto con lui. Lui, Pippo, c’è, è lì, sul gradino più alto e a fargli da corona Giovanni Visconti e Pippo Pozzato, cioè il campione tricolore uscente e uno dei più osannati atleti del pedale nostrano. Uno di quelli – ricordano le cronache – che nel battibecco con Armstrong si schierò senza esitazione a favore dell’americano.
Doppia soddisfazione per l’atleta di Sezze, dunque. Ha vinto l’esperienza. Pippo, una volta che l’ultimo passaggio in cima a Bergamo Alta aveva scremato il gruppetto dei migliori ha pensato bene che forse a cinque chilometri dal traguardo lo avrebbero sottovalutato.
Così ha allungato deciso e la sua azione è sembrata subito potente. Dieci, dodici secondi sotto lo striscione dell’ultimo chilometro. Poi quegli infiniti metri finali. Cosa passa nella testa di un corridore quando sente che il plotone lo insegue a pochi metri dal traguardo, quando il cuore è in gola, le gambe si impastano pedalata dopo pedalata? Sentiva come un rombo sordo. Eccoli, pensava. Eccoli adesso mi passano, adesso mi superano,come 15 giorni fa all’EUSKAL BIZIKLETA Guardava dietro e pensava solo a spingere: un metro ancora, dai, un metro ancora, dai Pippo. Solo quasi sullo striscione ha capito che avrebbe vinto”. La vittoria della vita, la rivincita della VITA.